Esperienza ed evoluzione: un nuovo “modus vivendi”
Questo è un periodo di grandi stravolgimenti che ha investito molti aspetti della vita pubblica e privata a livello planetario. Una crisi sanitaria che è riuscita a mettere in discussione molte certezze. Gli esseri umani, si sa, riescono sempre ad adattarsi per sopravvivere al cambiamento mutando con esso, anche se questo implica rimettere in discussione abitudini e status raggiunti. Certo se un cambiamento pone le sue basi sull’emergenza sanitaria è ovvio che, prima che il nuovo modo di vivere la situazione raggiunga un equilibrio, ci impiegherà del tempo passando per tentativi, idee e ipotesi che sovente potranno rivelarsi ingenue e privi di nerbo.
Se volgiamo lo sguardo indietro (a un tempo molto vicino a noi) possiamo scorgere un insieme di eventi che hanno determinato il modo in cui “abbiamo sentito e vissuto” questi ultimi mesi. Eventi che ci hanno reso più sensibili (ma anche più cinici, forse perché alcuni sono refrattari al cambiamento o semplicemente sono ancorati a logiche di guadagno a cui difficilmente rinuncerebbero).
Cosa ha reso questa crisi più importante e determinante delle altre affrontate finora? Sicuramente i tempi sono maturi per fare un salto di qualità in parecchi ambiti (ecologia del pianeta, diritti umani, nuovi equilibri economici) e quando un’emergenza sanitaria lo è a livello planetario, con queste premesse, tutto viene stravolto.
Nessuno si senta escluso e se, fortunatamente quest’esperienza non ci ha toccato negli affetti più cari, per la natura stessa della pandemia, non possiamo abbassare la guardia perché sino a quando non si troverà un modo per buttarci alle spalle questa malattia dobbiamo conviverci. Già, conviverci. Questo implica un nuovo modo per affrontare molte delle cose a cui siamo abituati e a cui pian piano stiamo facendo fronte: le relazioni in primis, ma anche l’approccio al lavoro, allo stare in compagnia in casa ma anche a tutte queste cose insieme.
L’isolamento sociale prima e il distanziamento dopo hanno “costretto” tutti e soprattutto gli architetti e i designer a ripensare gli ambienti (domestici ma non solo). Da qualche anno a questa parte abbiamo assistito a un confluire di funzioni e spazi in ambienti più ibridi (e meglio rispondenti alle richieste di comfort) che hanno subito una brusca accelerazione negli ultimi tre mesi, al fine di rispondere alle nuove esigenze contingenti.
La reattività, dal mio punto di vista, è fenomenale.
Assistiamo al cambiamento in ogni piccolo frangente: dal modo in cui affrontiamo il lavoro svolto “forzatamente” a casa, agli spazi che ci ritagliamo per rilassarci anche in compagnia.
Uno stimolante scenario dove la casa ha un ruolo determinante assumendo o riappropriandosi di nuovi e vecchi valori e significati: uno spazio esterno ben allestito, una postazione di smart working ben attrezzata e funzionale, ma anche una maggiore sensibilità ai temi ambientali che ci spingono a realizzare una piccola area di verde (magari all’aperto per una boccata d’aria o all’interno per coltivare un piccolo orto iper tecnologico) e dotata di uno spazio per l’attività fisica. Un’attenta e “competente” progettazione è necessaria.
Le nostre abitazioni non sono più ciò che erano un tempo, gli avvenimenti e la nostra esperienza le fanno evolvere continuamente. Non si tratta di rinunciare alla vita sociale reale ma di ripensare ai concetti stessi alla base del nostro “abitare “ e fare della nostra casa il posto migliore dove vivere e rigenerarsi.